L’atletica leggera e la scuola dopo il Corso “l’avviamento alla corsa in ambito scolastico” coordinato da Sandro Donati con gli interventi di Federico Leporati e Ignazio Aresu.

All’indomani di un fine settimana intenso come quello appena trascorso, giunge inevitabile il momento delle riflessioni e dei bilanci. Per abitudine e per cultura non indugiamo nell’autocelebrazione, pensiamo di aver individuato alcuni punti deboli e faremo il possibile per superarli. Ci teniamo tuttavia a sottolineare alcune peculiarità che la nostra azione ha nel tempo evidenziato e rinforzato. L’atletica leggera viene spesso definita con un’enfasi a volte eccessiva, “la regina degli sport”, da un punto di vista evolutivo e ontologico è un’affermazione che ci può trovare d’accordo, sul piano didattico un po’ meno ma è un dettaglio secondario. Sicuramente l’atletica merita un posto di rilievo nelle proposte della scuola italiana, dalla scuola elementare in poi. La nostra attenzione dunque, non si può non soffermare sul rapporto storicamente tormentato tra l’istruzione pubblica e i vertici dell’atletica, con particolare riferimento alle situazioni territoriali. Occorre partire da un presupposto: per ciascun docente le discipline dell’atletica rappresentano (o dovrebbero rappresentare) esclusivamente dei mezzi educativi, non è compito del docente favorire il reclutamento a vantaggio delle società di atletica, come del resto non è compito suo occuparsi di reclutare atleti per qualsivoglia contesto sportivo. I docenti di scienze motorie hanno certamente l’obiettivo di far lievitare l’amore per le discipline sportive, ponendo l’accento sugli aspetti formativi che per loro tramite è possibile innescare. La motivazione individuale di ogni ragazzo, la sua propensione, i suoi modelli, sono il punto di partenza dal quale non si può prescindere. La scelta di praticare l’atletica piuttosto che il calcio o il basket può essere veicolata da progetti lungimiranti che le federazioni sportive di riferimento hanno la possibilità di proporre in virtù di una convenzione nazionale tra MIUR e CONI. Tali interventi dovrebbero però essere improntati al rispetto dell’autonomia delle scuole e delle scelte prioritarie che compiono i docenti e soprattutto i ragazzi e le famiglie. Sono comunque i docenti che devono valutare ciò che meglio si adatta al percorso didattico ed educativo che stanno tracciando, le federazioni dovrebbero offrire dei servizi senza pretendere un tornaconto, dovrebbero rispettare questo spirito, avendo ben presente che maggiore è la qualità offerta, maggiore sarà il riscontro in termini di affiliazione. Affermare, come spesso i vertici della FIDAL fanno, che l’atletica non è più attrattiva perché manca il sostegno delle scuole è falso e fuorviante. Milano, Modena e altre città (http://www.atleticalive.it/39029/il-ragazzo-piu-veloce-di-milano-2017-tutti-i-migliori-della-prima-fase/ ), riprendendo una proposta del CONI di Cagliari del quadriennio precedente, hanno creato dei circuiti virtuosi di avviamento alla corsa veloce (la base per tutto il resto…). Il reclutamento non può essere un obiettivo dell’insegnante le federazioni che dalla scuola hanno sempre ricevuto, dovrebbero manifestare la capacità di interagire innanzitutto, di promuovere e organizzare in seguito, in poche parole di restituire almeno in parte quel che gli viene dato. Una trentina di docenti che ad aprile si mettono in gioco partecipando ad un corso di aggiornamento sull’atletica (sarebbero stati molti di più se la carta docente fosse un servizio meno farraginoso), sono una bella risposta agli scettici, ai disfattisti, ai nostalgici e a quelli che pensano di sapere tutto. Il confronto è sempre un punto di partenza, complimenti a chi si è messo in gioco.

Franco Marcello