Oggi come ieri IO STO CON SANDRO DONATI

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Riflettendo a caldo sulla vicenda di Alex Schwazer, prendendo atto delle tante esternazioni sul tema, si può fare una semplice considerazione: se avessimo udito tante voci contro, in occasione dei casi di doping del passato sia in Italia che nel resto del mondo, avremmo potuto ritenere ottimisticamente che nell’atletica italiana esiste una grande e diffusa coscienza etica. Quasi tutti quelli che oggi fanno un gran chiasso sui “social”, contro Schwazer, ma sarebbe più giusto dire contro Donati, si esibivano in passato in silenzi assordanti tutte le volte che il doping, spesso smascherato proprio da Donati, riguardava altri atleti. Se poi parliamo dei rientri a squalifica terminata, di cui il parteur internazionale è ricchissimo, il partito dei giustizialisti, oggi ricco di adepti, registrava percentuali di consenso bassissime. Chi scrive queste righe, potrebbe essere considerato di parte, per essere amico di vecchia data di Sandro Donati e per aver condiviso con lui l’attuazione di molti progetti che hanno riguardato soprattutto l’attività di ricerca sulla motricità in età giovanile. Ne sono consapevole ma trovo che questa condizione non potrebbe mai forzare le mie opinioni in direzioni differenti da quelle che la logica suggerisce. Quando Sandro Donati ha deciso di affrontare la “mission Impossible” di redimere Alex Schwazer, ricordo di avergli manifestato le mie perplessità e i miei timori sulla difficoltà dell’impresa, ricordo anche che Sandro mi parlò delle richieste pressanti che gli rivolgeva Alex, di fronte alle quali provava una sensazione bivalente: la preoccupazione umana per un ragazzo in evidente difficoltà e la consapevolezza che redimere un ex dopato è impresa veramente tosta. Ma le imprese difficili sono quelle che stimolano maggiormente gli uomini di qualità e dunque la scelta finale era scontata. La frequentazione continua tra i due ha creato un forte spirito di gruppo (considerando anche che con Sandro interagisce un vero e proprio super team). Sandro ha stabilito delle condizioni e delle regole durissime che Alex ha gradatamente “digerito”. Donati ha subito compreso che Schwazer possedeva (e possiede) un talento incredibile. Allenarlo con raziocinio e lungimirante completezza, avrebbe permesso al ragazzo di costruire una carriera sportiva eccezionale, invece qualcuno gli aveva fatto credere che senza “aiuti esterni” i traguardi cui lui aspirava gli sarebbero stati preclusi. Oggi ribadisco senza esitazione: “ io sto con Sandro Donati, sono certo che di Alex conosce ormai quasi tutto, pertanto se crede nella sua innocenza ha sicuramente dei validissimi motivi per farlo”. Perché la positività di Alex Schwazer al testosterone, diciamolo chiaramente, è una storia anomala, sia per la tempistica che per le modalità. La sua redenzione evidentemente disturba qualcuno. Io personalmente non mi sono mai occupato del recupero di giovani tossicodipendenti o alcolisti, conosco dei colleghi che lo hanno fatto e mi hanno raccontato di quanto impervio sia il percorso, di quante insidie, ricadute e bugie compaiano improvvise a scompaginare i piani. Ma se si è determinati, se si ritiene che la giustizia sommaria e senza appello in stile Far West non sia altro che barbarie, il successo alla fine arriva, perché gli uomini non nascono guasti. Il doping presenta delle analogie con le altre dipendenze ma è comunque sostanzialmente differente, le regole degli organismi di controllo, giustamente, non consentono tentennamenti. È evidente in ogni caso che l’eventuale anello debole della catena poteva essere solo Schwazer, ma francamente un errore del genere sarebbe solo grottesco oltre che palesemente autolesionistico. Non è verosimile che dopo le scelte non semplici e non comode fatte, l’altoatesino abbia accettato di correre il rischio di compromettere la sua partecipazione alle olimpiadi, rischiando la radiazione definitiva, per assumere una sostanza non particolarmente determinante per le prestazioni di un marciatore. Un programma ben congegnato può colmare esaustivamente ogni eventuale limite legato all’efficienza muscolare e Alex sulla forza ha iniziato a lavorare, forse per la prima volta nella sua carriera, proprio con Donati un anno e mezzo fa. Credo che nessun marciatore al mondo potrebbe mai pensare di doparsi facendo ricorso agli anabolizzanti e al testosterone in particolare, sarebbe come se uno sprinter decidesse di procurarsi l’EPO, non c’è niente di logico. Certo i più avveduti sanno che il testosterone esercita un ruolo positivo sull’eritropoiesi, è una scoperta recente, ma si tratta di un effetto marginale, nessun atleta “resistente” per ottenerlo correrebbe il rischio di una positività, è un doping da imbecilli. Vogliamo poi parlare dei controlli continui che, tramite la struttura del San Giovanni, Schwazer ha sostenuto di continuo? Protocolli che Alex e Donati hanno offerto (inutilmente) alla Wada, dichiarandosi disponibili ai controlli (unico caso al mondo) 24 ore su 24. Riflettendo ancora e andando un po’ a ritroso nel tempo, non possono non venire in mente le varie fasi del rapporto fra Sandro Donati, la Wada e la Iaaf, che ormai è un vero e proprio scontro e che nasce prima della positività di Alex Schwazer al testosterone. Nella conferenza stampa del 22 giugno, Sandro ha denunciato la mancanza di credibilità della IAAF, citando l’ex presidente Lamine Diack e la sua famiglia, coinvolti nella “truffa e compravendita di positività”, insieme con l’ex capo dell’antidoping (Gabriel Dollè), coinvolto nello scandalo sul doping russo. Di recente ben tre funzionari Iaaf sono stati sospesi con l’accusa di concorso in attività di corruzione. Sulla Wada, Sandro pur sottolineandone “i meriti per molte iniziative condotte”, ha ricordato l’articolo del New York Times che cita una denuncia rivolta alla WADA dalla discobola russa Darya Poshchalnikova, medaglia d’argento a Londra. Lo scandalo è scoppiato anche grazie all’inchiesta della tv tedesca ARD, inchiesta che ha determinato una vera e propria rivoluzione antidoping con le istituzioni sportive costrette finalmente ad intervenire e a decretare la clamorosa esclusione dell’atletica russa dall’Olimpiade di Rio.

Le denunce che in tanti anni Sandro Donati ha portato avanti con grande coraggio e determinazione, non si sono concentrate solo sull’Italia. Nel nostro paese il salto allungato di Evangelisti e il doping azzurro degli anni ’80 sono stati sicuramente gli eventi più eclatanti, ma la sua attività di “segugio” delle frodi sportive ha guardato anche all’estero fin dai tempi di Primo Nebiolo presidente IAAF.

Nel 1992 Donati accettò di allenare due sprinter nigeriane Charity Opara e Tina Iheagwam, in quei mesi Sandro era il responsabile della Divisione Ricerca della Scuola dello Sport di Roma e Pasquale Bellotti era il Direttore. Donati, Paolo Masia ed io stavamo scrivendo il libro La valutazione nell’avviamento allo sport, dopo anni di sperimentazione sul campo. All’Acqua Acetosa Paolo ed io eravamo ospiti fissi e ci capitava spesso di assistere agli allenamenti delle due nigeriane. L’interesse per la metodologia di allenamento dello sprint era per me in quegli anni ancora più forte che in passato poiché seguivo un giovane sprinter cagliaritano, Nicola Asuni, in seguito primo frazionista della 4 x 100 azzurra. Le due africane manifestavano un irsutismo anomalo, lo notammo immediatamente, Sandro in quel periodo era già assorbito quasi totalmente dalla sua missione principale, quella che ha caratterizzato tutta la sua vita: combattere il doping, le due atlete nigeriane rappresentavano probabilmente un terreno di indagine troppo ghiotto per lui, il tutto durò solo un paio di mesi e quando le trovarono positive né lui né Masia nè io ci sorprendemmo.

La recente inchiesta di Bolzano ha avuto un ruolo importante nell’evoluzione dei rapporti di Donati con la IAAF. La federazione internazionale, sin dal momento successivo all’EPO di Schwazer, è sempre stata solidale con il suo medico Giuseppe Fischetto, finito sotto processo per favoreggiamento nell’inchiesta condotta dal PM Giancarlo Bramante. In quel processo Donati è intervenuto come teste d’accusa. Fischetto si è autosospeso, all’inizio dell’inchiesta, da medico Fidal, ma ha continuato ad esercitare il suo ruolo di delegato antidoping in diverse manifestazioni internazionali tra cui i Mondiali a squadre di marcia di Roma 2016 ed è ancora un medico a cui la IAAF continua a garantire un ruolo di primo piano, come ha puntigliosamente riportato la Gazzetta dello Sport del 23 giugno. L’antidoping di oggi è molto più efficace rispetto a quello di 20 – 30 anni fa, il passaporto biologico è un’arma efficace, per raggiungere il livello attuale nessuno in questi anni ha fatto o ha voluto fare di più di Sandro Donati, questa considerazione andrebbe scritta a caratteri cubitali e ricordata ogni qualvolta si parla della triste piaga del doping.